IL PERCORSO RIABILITATIVO, INTERVISTA AL DR. BIAGIO CAMPANA
Il dottore Biagio Campana, specialista in malattie dell’apparato respiratorio con competenze in ambito riabilitativo, ha risposto ad alcune nostre domande, raccontandoci un nuovo approccio nel trattamento di pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica.
Dottore ci descrive un paziente tipo affetto da Fibrosi Polmonare Idiopatica? Ci sono delle caratteristiche ricorrenti?
Dott. Campana: Ogni paziente ha un vissuto unico con la malattia e non esistono decorsi clinici prevedibili, quindi uguali, ogni paziente è a sé stante. I pazienti con IPF purtroppo sono soggetti relativamente giovani, spesso socialmente, lavorativamente e sessualmente ancora attivi che al momento della diagnosi, modificano completamente le loro abitudini di vita, finendo in una condizione di fragilità che è sicuramente fisica ma anche psicologica.
Nella sua carriera ha sviluppato competenze specifiche in ambito riabilitativo che applica anche nel trattamento dei pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica, in cosa consiste il programma riabilitativo che propone?
Dott. Campana: Più che un programma riabilitativo è un percorso riabilitativo che deve iniziare all’atto della diagnosi e proseguire in tutte le fasi della malattia, compreso il periodo antecedente al trapianto e quello immediatamente successivo, ma soprattutto deve accompagnare il paziente per tutta la vita, trattandosi di una malattia cronica.
Una diagnosi precoce dell’IPF porta a un trattamento riabilitativo precoce che dà sicuramente maggiori risultati rispetto a un trattamento iniziato tardivamente, anche se è bene sottolineare che un percorso riabilitativo apporta benefici a tutti i pazienti indipendentemente dallo stadio della malattia.
La finalità della riabilitazione è infatti migliorare la qualità di vita dei pazienti, non andiamo ad agire direttamente sulla malattia ma sulla capacità residua del paziente.
Il percorso comprende tutta una serie di items tra cui l’esercizio fisico (esercizi di stretching, esercizi di potenziamento muscolare ed esercizi aerobici), che è il cardine del percorso riabilitativo, gli esercizi di respirazione, il supporto psicosociale sia al paziente che al caregivers, il controllo dietetico ed il monitoraggio degli eventuali effetti collaterali dei farmaci.
Gli esercizi respiratori permettono una “rieducazione respiratoria del paziente”, alcuni esempi sono la respirazione a labbra socchiuse e la respirazione diaframmatica. Se il paziente è ipersecretivo, con presenza di molti muchi, si possono utilizzare incentivatori di flusso oppure sistemi acqua PEP.
Respirazione a labbra socchiuse: profonde inspirazioni attraverso il naso ed espirazioni a labbra strette o socchiuse, come se il paziente respirasse attraverso una cannuccia.
Permette al paziente di controllare meglio e quindi di migliorare la respirazione
Respirazione diaframmatica: inspirazioni attraverso il naso utilizzando solo il diaframma, espirazioni attraverso la bocca. Mettere una mano sul petto e una mano sul diaframma (addome), inspirare col naso e durante l’espirazione tenere bloccato il torace lasciando libero l’addome, in modo che il torace venga isolato e si respiri di “pancia”.
I pazienti possono svolgere gli esercizi respiratori autonomamente? Esiste un protocollo, uno standard da seguire?
Dott. Campana: Il percorso riabilitativo può essere attuato in diversi setting, più o meno intensivi. La nuova tendenza è di spiegare ai pazienti gli esercizi in modo che li possano praticare a domicilio.
L’ideale per un paziente a cui viene fatta una diagnosi di IPF potrebbe essere che venga inizialmente ricoverato in regime ordinario in ambiente riabilitativo in modo che possa essere “studiato”, che si stabiliscano quali siano i suoi limiti, qual è il suo programma riabilitativo e successivamente possa continuare gli esercizi in setting sempre meno intensivi fino a praticarli a domicilio.
Come dicevo il percorso riabilitativo comprende l’esercizio fisico e gli esercizi di respirazione ma anche altre componenti, come il monitoraggio ed il controllo degli eventuali effetti collaterali legati ai farmaci antifibrotici,. Anche per questo, iniziare la terapia medica contemporaneamente alla terapia riabilitativa in un ambiente specializzato e protetto dà sicuramente dei benefici.
Se c’è un peggioramento della malattia o una riacutizzazione è consigliabile praticare un nuovo ciclo di riabilitazione intensiva presso una struttura, in questo caso infatti è importante una rivalutazione in modo da decidere eventuali modifiche al percorso riabilitativo.
La visione nuova prevede che gli esercizi vengano insegnati ai pazienti che potranno, successivamente sotto supervisione medica, praticarli presso il proprio domicilio
Se una persona non ha la possibilità di seguire il percorso riabilitativo in maniera continuativa esistono dei momenti in cui è più importante utilizzare questo strumento?
Dott. Campana: Come ho detto il percorso riabilitativo non si dovrebbe mai interrompere, l’ideale è che i pazienti eseguano un trattamento riabilitativo bi o tri-settimanale.
Se però questo non fosse possibile è fondamentale che il paziente possa accedere agli esercizi riabilitativi almeno nelle fasi fondamentali, ovvero nel pre e post trapianto.
Gli obiettivi di praticare gli esercizi preoperatori al trapianto sono diversi: ridurre le giornate di degenza, migliorare il recupero ed evitare le complicanze respiratorie.
La visione nuova, che sto portando avanti, è proprio quella della riabilitazione continua. Anche un paziente operato deve continuare gli esercizi per tutta la vita, perché anche dopo il trapianto rimane un paziente IPF con la possibilità , purtroppo, di sviluppare nuovamente la malattia su polmone trapiantato.
Gli obiettivi della riabilitazione preoperatoria:
ridurre le giornate di degenza
migliorare il recupero fisico
minimizzare le complicanze respiratorie
Un paziente affetto da IPF può accedere in tutta Italia al percorso riabilitativo? Qualsiasi medico conosce e utilizza questo strumento?
Dott. Campana: La riabilitazione non è una branca nuova ma, soprattutto per quanto riguarda l’IPF, è da poco che si sta focalizzando l’attenzione sull’aspetto riabilitativo.
Un paziente con corteo clinico e strumentale fortemente sospetto per IPF si deve prima di tutto rivolgere al medico di medicina generale che lo indirizzerà o direttamente ad un centro per malattie rare o da uno specialista pneumologo che farà la diagnosi.
L’accesso al percorso riabilitativo dipende dalle normative regionali vigenti. Sarà lo specialista a indicare i centri in cui si può praticare la riabilitazione.
I setting dove viene praticata la riabilitazione possono essere diversi: ricovero ordinario, Day Hospital , ambulatoriale. La visione nuova è, appunto, quella di portare la riabilitazione nelle case dei pazienti. È importante che sia chiaro che la riabilitazione è un percorso composto da diversi aspetti. Tutto quello che serve a migliorare la sua vita, il paziente lo potrebbe trovare in una struttura di riabilitazione intensiva.
Bisogna necessariamente conoscere quali strutture offre il territorio di riferimento, grazie al lavoro che svolgono le tante associazioni pazienti presenti in Italia è possibile raccogliere tutte queste informazioni.
Se non viene proposta direttamente dai medici, il paziente stesso può fare richiesta di tutti i servizi previsti dalle normative vigenti e che fanno parte di un programma di riabilitazione: esercizi fisici, esercizi respiratori, supporto psicologico, controllo nutrizionale e controllo degli eventuali effetti collaterali dei farmaci
Nelle nostre interviste a medici e pazienti ci siamo resi conto che il passaggio all’ossigeno terapia è un momento molto delicato, spesso i pazienti tendono a rimandare. Vuole esprimere un parere su questo punto?
Dott. Campana: Capita spesso che il paziente ritardi l’uso dell’ossigeno terapia per una mancanza di accettazione della malattia. È estremamente importante invece iniziare con l’ ossigeno terapia quando indicato dagli specialisti, il paziente che non usa l’ossigeno e che dovrebbe usarlo ha, per esempio, una performance fisica minore. Se un paziente ha necessità di ossigeno, infatti, già a risposo ha problematiche e difficoltà, figuriamoci durante l’esercizio fisico! Quindi un paziente che rifiuta l’ossigeno rifiuta anche l’esercizio fisico, perché lo sa che non riuscirebbe a farlo.
Trattandosi di un conflitto di natura psicologica può essere affrontato grazie a un supporto psicologico specialistico. Strutture riabilitative come la mia (nota: il dottore lavoro presso la Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus-Polo Specialistico riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi) assicurano supporto psicologico a tutti i pazienti.
Un paziente che rifiuta l’ossigeno terapia rifiuta anche l’esercizio fisico, sa infatti che non sarebbe nella condizione di praticarlo.